Forse è solo una questione di età.
Fra qualche mese compirò 40 anni ed in qualche modo, forse, l’idea di cercare una svolta dentro di me e di attuare un bilancio di ciò che è stato, è a questo fatto connessa. Molto probabilmente è così. Di sicuro so solo che ormai da qualche tempo sento forte la necessità di essere più onesta con me stessa e con tutto ciò che la mia vita ha rappresentato per me, e non solo. Riflettere sui miei obiettivi di ricerca, fa sicuramente parte di questo processo.
Sono sempre stata un’allieva diligente e una studiosa attenta. Una che ascolta prima di parlare. Incamera, mette in fila le idee, organizza i pensieri, riflette – anche troppo a volte – e solo alla fine parla, quasi sempre dopo che hanno parlato tutti. È il mio carattere. Un bisogno naturale che passa attraverso una profonda autostima e l’orgoglio di non dover ammettere di aver ceduto all’imbarazzo dell’impulsività.
Ho iniziato il mio percorso di approfondimento e di ricerca come mi veniva più spontaneo: ascoltando uno ad uno, tutti i miei papabili Maestri. Li ho ascoltati ed analizzati. Anche quelli dal pensiero vuoto e dal nozionismo inutile. Tutti senza giudizio o pregiudizio.
Non ero soddisfatta di dove mi portavano i loro insegnamenti. Quasi mai. Mi ero convinta del fatto che questa insoddisfazione legata alle loro parole era dovuta al fatto che mi venivano indicati dei paradigmi di approfondimento inadeguati al mio stile, alla mia testa, al mio presente. Ho sempre messo in discussione me stessa prima degli altri. Anche questo fa parte del mio carattere.
È così che ho trasformato ogni mio incarico accademico e non solo, dalla laurea in poi, in una ricerca. Cercavo nuovi paradigmi che si adattassero alla mia testa e alle mie esigenze. Nuovi metodi, nuovi approcci all’indagine culturale, allo studio dei media, del cinema, della letteratura e della comunicazione visiva in generale (le mie più grandi passioni). Li elaboravo e li mettevo alla prova. Li cambiavo e ricominciavo da capo. Cercavo una strada in cui poter mettere delle bandierine possibilmente con il mio nome in vista. Non era facile, ma d’altra parte se non ti senti Dio a vent’anni…
Ho fatto questo per tanti anni. Lavorando con gruppi di persone di tutti i tipi, e di tutte le età e di tutte le culture.
Non dico di non aver ottenuto nulla, perché sarei ingrata con me stessa. Ho fatto funzionare tanti progetti ed ho contribuito a generare il profitto di molte aziende. Ma quei paradigmi fatti di strade e bandierine, c’entravano ben poco con i miei risultati.
La realtà è che le cose semplicemente non obbediscono a paradigmi. Non più. E tutto ciò che mi rimane degli insegnamenti di Maestri – quelli veri che pure ho conosciuto – non sta nelle righe delle loro dottrine, ma nel loro atteggiamento mentale, di fronte alla ricerca. Nel loro approccio alla vita.
In Università mi avevano insegnato a distinguere i punti dalle linee, come fare per isolare i punti e trasformare le linee in curve, dando loro una direzione. Mi avevano detto che questo era il senso. Dare ordine al caos, mettere in fila le cose per stabilire delle priorità e gestire le azioni in modo che le inseguissero. Ma questo è il passato. Era tanto tempo fa. Tanta tecnologia fa. Tanta profondità fa. E ora, dopo tanti anni e tanto sforzo, mi sento ridicola ad incoraggiare il perseguimento di una strada che non ha nessuna possibilità di essere studiata nella sua coerenza.
Come potrei continuare ad insegnarla?
L’attimo non ha più consistenza. Da almeno 15 anni a questa parte, la distrazione ci ha fatto perdere la capacità di aggrapparci ad una dimensione. Non è più l’istante a governarci, non il dettaglio, ma il frammento di un senso che costruiamo per lui, quando raggiunge un minimo di affidabilità che possa essere condivisa. Niente di più instabile. Niente di meno legato alla nostra natura più profonda.
Non c’è niente da condannare, ma tutto da riscrivere. Smettere di predicare un ridicolo carpe diem, rincorrere un unico paradigma di conoscenza e dedicarci invece a tessere una trama di valore indipendente da quanto durerà il momento e flessibile al cambiamento di paradigmi inevitabilmente transitori. Una trama basata sulle uniche cose che contano e che sono alla radice del nostro pensiero concettuale. Privo di ordine.
Forse è solo una questione di età. Eppure, guardandomi attorno, mi sono convinta che, se c’è un momento per stabilire cosa e quando cambiare, dal fondo o dalla testa, dal principio o dalla fine, in ogni caso radicalmente, è questo. Mi sono convinta che non ci sono molte possibilità.
È questo il momento di evaporare e dissolversi, o adoperarsi per il nuovo.
Io, nel dubbio, voto sempre per il nuovo.
Ed accetto volontari.
Commenti
Carissima Gianna bellissima reflessione, sei stata una delle poche Professoresse che ho conosciuto, dimostrandomi le tue capacità nel sapere e nel trasmettere sempre emozioni. Io quando faccio qualche lezione agli studenti il mio pensiero prima di incominciare è rivolto a te per quello che mi hai trasmesso e insegnato con le tue slides e le tue parole senplici da capire. Ti auguro di continuare a trasmettere le tue doti decidendoti pensa: cosa fare da grande!!! Nel trasmettere sempre tanta comunicazione e cultura come TU sai fare!!!! Un Abb. Bruno G.
del Post
Grazie Bruno. Ti ricordo con affetto anche io.