Che cos’è per te la pace?

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Bombe, aerei che precipitano, case distrutte e persone portate via in gran fretta verso l’ospedale, soldati che corrono. È questo lo scenario che da un po’ di giorni a questa parte si presenta davanti agli occhi della gente: è la realtà cruda della guerra che non risparmia niente e nessuno. Gli ospedali sono pieni di gente che ha bisogno di cure e subito. Gente ferita: alleata? nemica? e chi lo sa. Gente che la guerra non è riuscita a risparmiare.

Perché non andarla a conoscere?

Siamo in una corsia di ospedale ora, mamma mia quanta gente! Qui dormono tutti: ssshhh! Sarà meglio fare piano. Ma a quanto pare mi ero sbagliata, ci sono due persone, molto giovani a dire la verità, che sembrano non riuscire a dormire. Cercano di scambiarsi due parole. Sentiamo cosa dicono.

È il più giovane dei due ad attaccare il discorso: un tipo biondo con gli occhi… a dire la verità gli occhi non si vedono perché sono molto gonfi, chissà che botta avrà fatto.

“Buongiorno”, dice.
Il vicino di letto, sveglio anche lui, si guarda intorno. È un uomo sui 35 anni, non molto giovane quindi, che sembra anche lui non avere la vista in buono stato. I capelli sono coperti da una fasciatura stretta e proprio in questo momento sta alzando le spalle per appoggiarsi al bordo del letto. È già passato qualche minuto da quando il ventenne ha pronunciato il suo “buongiorno”, ma il vicino non accenna a rispondere.
“Allora fratello, vuoi rispondere o no?”
Solo ora sembra essersi accorto che qualcuno lo sta chiamando; si volta e gentilmente risponde:
“Buongiorno… fratello”
“Pensavo fossi morto, non davi segni di vita, ma ora che mi hai risposto ti posso chiedere come sei finito qui?”
“È una storia lunga… com’è che ti chiami?”
“Ah, scusa, mi sono dimenticato. Beh, il mio nome è Larry, ma ora vai avanti ti prego”
“Come ti dicevo è un storia lunga e non so se riuscirai a starmi a sentire, ma se insisiti… Allora, tutto è iniziato quando mi hanno mandato la cartolina di richiamo. I miei si sono messi a piangere e…”
“Per favore sorvola questi particolari! Comincia da quando sei arrivato qui”
“E va bene, ma che fretta hai? Dove devi andare? Allora, la mia è stata la prima spedizione a partire”
“Ah, ma allora sei un pilota!”
“Lasciami parlare. Subito dopo la partenza ci hanno intercettato. Io ho cercato di prendere quota, i soldati però mi hanno colpito. Poi sono svenuto, ed eccomi qua”
“Ora ho capito il perché di quella fascia. Ora immagino vorrai sapere come sono arrivato io qui. Beh, di preciso non ricordo, sai, la confusione. Comunque so solo una cosa, stavo per arrivare a destinazione quando il mio veicolo è stato colpito da una bomba. In realtà non mi sono accorto neppure da dove venisse. Mi sentivo come morto e avevo bisogno di cure. E così ora sai tutto”
Proprio in questo momento si sta staccando una bomba dall’alto, che finisce proprio vicino all’ospedale. Larry infuriato esclama:
“Maledetti europei”
Il vicino di letto, di cui ancora non conosciamo il nome, scoppia in una risata che sembra non smettere mai. Larry allora incuriosito domanda:
“Scusa, ma perché ridi? Mi devo offendere?”
“Ah non lo so se c’è da offendersi, ma… sei americano giusto?”
“Sì e allora?”
“Allora io sono europeo”

A questo punto scoppiano tutti e due a ridere.
Forse avranno perso il lume della ragione o forse qualcuno sta facendo loro il solletico? Chi lo sa. Forse continuando ad ascoltare…
“Ti rendi conto di che cosa assurda ci è capitata?”
Larry smette di ridere all’improvviso, ora è serio da mettere paura.
“Scusa, ma assurda perché?”
“Ah, ma allora sei testone; vuoi renderti conto che siamo due nemici e che fino a poco prima di essere portati qui ci stavamo tirando bombe?”
Larry sembra non capire ma esclama a occhi sbarrati:
“Nemici… guerra… bombe… Tu che ridi tanto e insisti col dire che io e te dobbiamo fare la guerra, sei capace di spiegarmi che senso ha tutto questo?” Dagli occhi di Larry gonfi, ora sta partendo una lacrima che una mano ferma e asciuga: è la mano del compagno.
“Non lo so Larry, non lo so davvero”
È un tenero abbraccio fraterno che chiude il discorso di un’ora.

NON ESISTONO PAROLE PER SPIEGARE LA PACE.

Gianna Angelini, anni 9

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