Donne col caschetto. Per Elisa

caschetto

Se dovessi indicare un tratto distintivo che ha caratterizzato la mia infanzia e tutta la mia adolescenza, non avrei dubbi: il mio taglio di capelli a caschetto, biondo-rossiccio. Ne ho prova e testimonianza in ogni album di famiglia. Avevo il caschetto quando mia madre e mio padre mi hanno accompagnato a fare la prima fototessera per il mio primo documento di identità ed avevo ancora il caschetto quando a 18 anni il fotografo mi ha scattato la foto per la patente (vedi sopra); il mio caschetto è immortalato praticamente in ogni foto di compleanno dei miei amichetti delle elementari e delle medie, solo io, di anno in anno e di casa in casa, apparivo sempre un po’ più alta ed il mio sguardo diventava sempre un po’ più austero.

Quasi tutte le mie amiche avevano i capelli lunghi che acconciavano in ogni modo, io no. Avevo la riga sempre dallo stesso lato e i capelli dietro le orecchie, e il mio aspetto variava leggermente quando la lunghezza del caschetto passava dal taglio a metà orecchio a quello leggermente sopra le spalle. I miei capelli erano troppo sottili e fragili, questa la spiegazione, mi scivolavano dalle mollette finendomi davanti agli occhi se non li tenevo a bada tagliandoli corti, e poi mi crescevano troppo lentamente. Quindi meglio così: un taglio classico e vita più comoda per tutti.

Durante tutta l’infanzia e l’adolescenza, non ho mai vissuto questo dettaglio del mio aspetto come una limitazione alla mia espressione, era piuttosto per me un dato di fatto. Con gli anni, però, ho ho cominciato a riflettere sul fatto che potevo esprimere la mia femminilità in modo più intenso abbandonando il mio aspetto fotocopia, giocando a sedurre usando alcuni dettagli del mio corpo, oltre alla mia testa e alle mie parole, a dire il vero, non sempre del tutto inclini a socializzare. Così sono cambiata crescendo.

Erano anni che non ripensavo alle mie fototessere tutte uguali, fino a quando, qualche mese fa, ho visto mia nipote con i capelli a caschetto a casa di mia madre. La prima figlia di mio fratello ha ereditato molti tratti distintivi della nostra famiglia, e in lei mi riconosco molto. La guardo fare cose e mi sento scuotere, riconoscendomi in modo intimo nel suo approccio al mondo. Per dirne solo alcune. Mia nipote fa la seconda elementare, quando disegna sintetizza l’uso dei colori e delle forme in modo da privilegiare la simbologia degli elementi, è brava perché è meticolosa, e diligente, ma ogni suo lavoro denuncia una piccola scossa emotiva; io non lo sapevo fare bene, ma avrei sempre voluto saperlo fare. Quando legge tiene lo sguardo sempre rivolto oltre la frase per prepararsi al termine, controlla quello che vede sapendo già su cosa dovrà concentrarsi dopo, per questo ad ogni rilettura è più sicura e memorizza i punti in cui dovrà cambiare espressione inseguendo la punteggiatura che tiene sempre a mente: io lo facevo sempre. Mia nipote è sempre stata la regina delle visionarie, a due anni e mezzo, quando il suo vocabolario era ancora insicuro, ci incantava parlando del suo mondo popolato di animali che curava e allevava ogni giorno; al posto di un amico immaginario viveva in un mondo immaginario, ma ha sempre tenuto tutti noi nei suoi sogni; io vedevo cose molto simili.

A 8 anni scrissi, su una vecchia agenda di mio padre, il mio primo ‘romanzo’. Era la storia di una bambina, Emily, che viveva in un mondo magico, ma che aveva perso d’improvviso la madre senza aver avuto la possibilità di imparare da lei, i segreti per diventare una brava maga. Sola, con un grande libro di magia che non sapeva interpretare, Emily comincia un viaggio alla ricerca di aiuto, per imparare l’arte della magia, e per crescere. Nel cammino incontra molti ostacoli, e alla fine a nessuno è dato sapere se userà bene o male quel grande libro. Il ‘romanzo’ infatti aveva un finale aperto, perché non ero sicura che una bambina da sola avrebbe potuto affrontare una storia così grande davvero. Così non decisi. Ecco, vedere mia nipote oggi. mi fa pensare che se fosse esistita lei anche prima, mi sarebbe bastato guardarla per capire il giusto finale da dare alla mia storia.

Ma meglio tardi che mai….

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