Io e Berlino. Berlino ed io

E poi ci sono i luoghi dell’anima. Luoghi in cui l’architettura combacia con la tua ossatura e che ti sono familiari a prescindere dal loro piano regolatore. Luoghi che non lo sanno che possiedono uno scheletro, perché sono figli di artifici, generati talvolta nel peccato. Eppure tu lo vedi. E ti pare che non serva neanche confrontarlo con il tuo. Perché è proprio il tuo.

Berlino è il luogo della mia anima. Il luogo in cui la mia solitudine ha sempre goduto di sé. Il luogo in cui è veramente sola, la mia solitudine e gode, gode molto di sé. Un tempo Berlino era il luogo in cui avrei trascorso forse tutta la vita. In cui volentieri avrei vissuto. Perché la mia solitudine, godendo di sé, nutriva il mio ego in modo smisurato. Ma adesso è un altro adesso.

Berlino è il luogo della mia adolescenza riflessiva e creativa. Dell’inatteso e dell’imprevedibile. Delle viscere della notte. Dell’incognita e del mistero. Del silenzio. Dei silenzi. Trascorsi a parlare con me stessa. Della dedizione nascosta tra la lettura e la scrittura.

Berlino è la città con più carattere che conosco, ma anche la più brava a tenerlo nascosto tra i vicoli delle sue gelide strade. Dove libertà e sperimentazione convivono in un rigido schema normativo, di regole imposte. Uno di quei posti quando sei immerso nei quali ti domandi: “Ora che sei sola, ora che questo posto ti ha restituito la tua solitudine, avanti, dillo: cosa ti manca? Chi ti manca?”. Uno di quei posti in cui ogni torbida domanda trova inattesa e genuina riposta.

E questo è destabilizzante, quanto affascinante.

Per questo, e molto altro, Berlino è il luogo della mia anima.

Perché la scuote. La fa sentire in difetto. E le chiede di mettersi al riparo. Appena può. In altri luoghi dell’anima.

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